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Cosa fare quando non vediamo l’elefante che c’è nella stanza

Miei adoratissimi lettori,

la vostra allegra scompigliatrice si chiede cosa volete farne di questo Ottobre — cominciato con un piglio di superbia degno del più gelido abbraccio della regina delle nevi — ora che pare voler mostrare quel sole che ci ha nascosto per quasi due settimane?

Ed è sempre lei che non si priva, nei pomeriggi quieti — subito dopo pranzo, quando il lavoro concede tregua — di stendersi a riposare nel suo piccolo terrazzino, concedendosi un bagno di luce e fantasticando qua e di là, con pensieri che di certo non vi confiderà attraverso questa penna.

La stessa cosa, vi confessa questa scompigliatrice indefessa, accade alle sue bottiglie di vetro piene d’acqua: le lascia lì, sotto il sole, a informarsi di pace. Talvolta aggiungendo solo un biglietto o una musica, o il mantra dell’Ho’oponopono — mi dispiace, ti amo, perdonami, grazie — o qualche frase rivolta alla divinità o agli antenati, per incoraggiare l’universo a venirle incontro.

Conoscete la pratica dell’acqua informata? Nemmeno lei… o meglio, non la conosceva.

La vostra scrittrice è giunta a questa conoscenza, perché, qualche anno fa, a Bologna, conobbe tale dama: Laura Calanchini, una delle persone più straordinarie che la divinità ha messo sulla strada di codesta importunatrice di anime, che ora tiene in mano questa penna.

Fu allora, che fu semplice entrare in contatto con lo stile Hygge e con l’Ho’oponopono e con tante altre meraviglie di cui, oggi, sto lentamente riannodando il filo, pensando anche a Laura.

E quando, ora, in questi piccoli gesti quotidiani, che hanno ormai il sapore di una vita passata, ripongo un pensiero di gratitudine verso lei — la potete trovare sul web, lei che, con i suoi “Portali Gaia” (di cui sarebbe troppo lungo raccontarvi), aperti durante le nostre meditazioni, creò un ponte segreto tra me e i maestri Kauna dell’Ho’oponopono — mi ritrovo in una frequenza nuova, accolgo l’invito a tornare, senza troppe reticenze, alla pratica.

Laura è un’operatrice olistica speciale: per nulla conformata a quel Far West di disperati che scimmiottano incensi, rune, tarocchi e candeline senza essere nemmeno collegati al cuore — figuriamoci all’anima.

Con la sua eleganza e naturale raffinatezza, ha sempre portato tra le persone una visione di vita semplice e autentica: ritmi lenti, lunghe passeggiate, alimentazione consapevole e rituali genuini, mai modaioli o anticonformisti, ma radicati nel proprio sentire vero.

Non ha mai ostentato il suo esempio, né fatto della sua vita un monito — come invece mi capitò con un’altra insegnante, con la quale ho vissuto il peggiore dei miei incubi — ma, Laura mi ha insegnato che cesellare l’energia è un fatto molto, molto delicato.

La vostra allegra scompigliatrice, che non si è mai tirata indietro davanti a una zuffa ben messa nel teatro della vita, sa anche riconoscere — ammettiamolo, non sempre a prima vista — che, oltre i momenti in cui si è arruffata, tirando fuori come un gatto selvatico il suo codone e gli artigli all’occorrenza, si è anche accorta dello “straordinario” che, di tanto in tanto, arrivava, diventando, davanti ad esso, una gattina mansueta e sottomessa.

E in questo straordinario, Laura ha, senza dubbio, un posto d’onore.

Questo pensiero — della scompigliatrice che talvolta al mattino stringe i ricordi prima che essi svaniscano — va a riprendersi quella dolcezza di Laura che si esprimeva nei gesti più minuti: informare l’acqua, curare l’energia di una casa partendo dai pensieri che vi abitano.

Questa sua attenzione, forse nemmeno del tutto consapevole allora, mi ha trasmesso più di qualsiasi altro “maestro di successo” incontrato nel mercato dell’olismo.

Laura e questa insolente scrittrice di questo blog, si sono incontrate in un periodo decisivo della loro vita.

Abbiamo pregato, meditato e camminato insieme, sostenendoci l’una con l’altra.

Lei ha fatto della coerenza energetica la sua via, e del potere interiore la sua preghiera quotidiana.

Oggi vive, accanto al suo compagno, in una dimensione che sa di essenza più che di apparenza: nel cuore del Brasile, ha creato una dimora speciale in mezzo alla foresta — e io la guardo dai social con stupore e rispetto, perché so il prezzo che le è costato.

Ecco, mie cari lettori, vi chiedo: chi ammirate voi? Questo antico sentimento che nasce spontaneamente davanti a qualcuno di speciale, fino a portarci al voler essere così, mi ha catturato tante volte! Soprattutto in presenza di quelle persone che hanno il coraggio di entrare in coerenza di pancia, cuore e testa con la loro vita. Ed una di queste persone, per me, oggi dico, è Laura.

Ma torniamo a ciò che serve a voi, oggi, miei cari.

Vi è mai capitato, miei adorati, che ripetete dei comportamenti che non hanno alcun senso? Guardatevi dentro e intorno: state facendo finta di non vedere che c’è un elefante nella stanza?

Quando e come pensate di occuparvene?

Ecco a chi si rivolge questa questa disgraziata scrittrice, quando si accorge che in casa sua si aggira un elefante indisturbato.

Lo stile Hygge e la filosofia Huna, madre dell’Ho’oponopono, sono naturalmente compatibili, anche se, a prima vista sembrano nascere da radici e scopi completamente diversi — andate a cercare sul web o comprate un libro, se volete saperne di più.

E, invece — come due fiumi che scorrono paralleli — l’una richiama continuamente l’altra.

Non è sorprendente come due tradizioni così lontane possano insegnarci lo stesso segreto: vivere con più armonia e presenza l’ambiente vicino, la casa, i nostri affetti, i nostri pensieri e le nostre emozioni? E non è più di un regalo, comprendere che, in questo mondo affaticato che si ostina ad andare avanti, mentre una catena troppo corta ci obbliga – inevitabilmente — ad accorgerci che c’è un elefante nella stanza, si possa agire diversamente?

La filosofia Huna, con i suoi sette principi, ci ricorda che siamo co-creatori dell’universo e che, come tali, siamo responsabili della realtà che manifestiamo.

Amare, in fondo, significa camminare insieme, e l’attenzione interiore è il nostro più potente strumento di creazione: dove va l’attenzione, lì va la vita.

Questi — e altri — principi sono alla base della trasformazione alchemica dell’Ho’oponopono.

Ma anche lo stile Hygge, nato nel cuore della cultura nordica, ci ricorda qualcosa di simile: che l’ambiente in cui viviamo, la casa e l’energia di chi la abita, meritano regole semplici e attenzioni costanti.

È una filosofia della presenza dolce, della cura e della gratitudine per ciò che già c’è — un’arte del vivere che, in fondo, non è poi così lontana dalla saggezza hawaiana del perdono e dell’armonia.

E così, come gli insegnamenti dell’Ho’oponopono hanno trovato il loro spazio tra i miei gesti quotidiani, anche lo stile Hygge si è lentamente insinuato nella mia vita, insegnandomi che il benessere nasce dalle piccole cose e dall’armonia degli spazi che abitiamo.

La semplicità dei gesti quotidiani, il calore e il comfort della casa, la presenza consapevole, i pensieri e le parole che si usano, la convivialità con chi amiamo, la cura dell’ambiente, i piccoli rituali che si ripetono, la bellezza dei materiali naturali, l’accoglienza, la fiducia, il rallentare il ritmo e la gratitudine per ciò che abbiamo: tutti questi principi sono diventati le mie guide silenziose.

Non sono regole rigide, né formule magiche. Sono inviti gentili a vivere con più attenzione, con più armonia e con più dolcezza.

Il terreno interiore è il nostro utero creativo che si nutre, anche di pensieri. Questo significa: vicinanza, intimità, comfort. Tutti, veri e propri spazi dove la sfide, le competizioni e le manipolazioni vengono invitate ad accomodarsi fuori.

E, ogni volta, che poso un bicchiere d’acqua al sole, che accendo una candela o che mi concedo un momento di silenzio, sento che questi insegnamenti, lontani eppure così vicini, si intrecciano con la mia energia, rendendo ogni gesto, ogni respiro, un piccolo atto di amore verso me stessa e verso la vita.

E, quanto è così “normale” trascurare che, dare energia a piccole, buone abitudini per orientare la propria attenzione è, in fondo, una pratica spirituale potentissima.

Perché, credetemi, se nella nostra stanza un elefante enorme alberga indisturbato per tanto tempo, prima o poi, bisogna prenderne atto e fare qualcosa di meglio che fare finta che non ci sia.

E se vi sentite ispirati a informare un bicchiere d’acqua, a sistemare uno spazio o semplicemente a dare attenzione ai vostri gesti quotidiani, ricordatevi: non serve alcuna magia complicata… basta un po’ di cuore, qualche gesto gentile e, perché no, un pizzico di scompiglio per rendere tutto più divertente. E, quando dovrete tirare fuori gli artigli o sollevare il pelo come un gatto deciso a combattere, la forza vi arriverà, senza dubbio, dall’alto e il vostro elefante vi avrà dato qualcosa, anziché occupare tutto lo spazio.

Fino alla prossima volta, vi saluto dal mio piccolo terrazzino soleggiato, dove le bottiglie sorridono, l’acqua si informa e io, modestamente, continuo a mettere pepe anche nelle cose più semplici liberando completamente la mia fantasia.

La vostra fedele scompigliatrice, vi aspetta online con le Costellazioni familiari individuali e le tecniche di libertà energetica. Un caro saluto, Monia Dell’Aquila.