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I nostri sentimenti e assilli affini: camminiamo insieme!

Gentili lettori, è passato praticamente un anno dalla prima pagina di questo blog.

Se dovessi spiegare questo tempo, potrei soltanto dirvi che, egoisticamente, mi sono goduta un processo di vita che mi ha coinvolta sul piano pratico ed emotivo: il mio ritorno a vivere in Puglia.

Dopo un ciclo di 21 anni di vita a Bologna, sono salita, nuovamente, sul mio tappeto volante e sono atterrata nella mia terra di origine, dove mi aspettavano: una casa, la mia famiglia natale, i miei amici “antichi” e un contesto di vita salubre sotto tantissimi punti di vista.

Non ho perso, comunque, il bisogno di entrare in contatto con voi e di trovare uno spazio comune di sentimenti e difficoltà, per camminare insieme verso una meta che ancora non conosco e, il cui volto, aspetto che si sveli giorno per giorno.

Come sapete dalla prima pagina del blog, questa penna non sono io, ma è questo spirito che mi abita e che oggi vuole incontrarvi con le sue riflessioni di tipo “spirituale”.

Ma, prima di dare spazio a Lei (cioè allo spirito di donna che qui scrive), vi racconto qualcosa in più di questo mio trasloco.

Dal mio arrivo in Puglia, i momenti per la meditazione sono stati pochi, se per meditazione s’intende il sedersi in posizione yoga e il volgere lo sguardo osservante dentro di sé, per poi aprirsi al Tutto.

Ho meditato diversamente, osservando come stavo ogni volta che ho goduto del piacere di sentirmi tanto supportata dai miei genitori, dai miei amici, ma, anche, quando mi sono scontrata con le difficoltà del nuovo adattamento e delle incognite sul futuro.

Devo dire che il sentimento più pervadente è stato quello di scoprire questa enorme riconoscenza e ammirazione verso mia madre che (a 73 anni) ha liberato un’energia vulcanica pazzesca, dandomi una mano enorme, sia dal punto di vista pratico che psicologico.

Inoltre, mai come prima, ho sentito l’unicità di mio padre che mi ha nutrito con le verdure del suo orto speciale. Insomma, mi sto godendo il ruolo di figlia.

Mi sono anche (volutamente) goduta gli spacchettamenti dei cartoni del trasloco: il ritrovare quegli oggetti che nella mia situazione abitativa a Bologna non trovavano un posto e che, qui, invece, sono perfetti.

Ho dormito tanto e, al mattino presto, sono stata al mare con i miei genitori e con i loro amici: tranquillità.

Ho contattato e incontrato soltanto le persone che mi piacciono.

Il tutto, non senza ascoltare la vocina di quella vecchia Monia col senso del dovere, che aveva le sue abitudini e che, ora, sono totalmente stravolte.

Non posso certo auspicarmi una vita da eremita e so benissimo che questo salto non cancella i vecchi assilli e le vecchie preoccupazioni, alle quali non ci si può, ovviamente, sottrarre, perché la vita non è, appunto, un ritiro.

E, nel mio approccio tipico, cioè di trovare la spiritualità senza atteggiamenti “gurizzati” e “gurizzanti”, né allo stesso tempo superficiali o improvvisati, ho dato spazio (proprio stamattina) alla mia fiamma interiore, chiedendole come affrontare questi assilli e queste difficoltà (non dal punto di vista psicologico, ovviamente) senza cadere, però, in quel pericolo che vorrei evitare: uno stile di vita basato sul merito, sul calcolo e sulla logica.

Attraverso l’osservazione riemerge sempre l’opportunità di scovare gli inganni dell’ego e scopro, ogni volta, come se fosse la prima volta, che al mattino, quando ci svegliamo, insieme a noi, si svegliano tutte quelle tendenze e abitudini che abbiamo ereditato dai nostri avi: atteggiamenti verso la vita, sentimenti, emozioni.

Quello che reputiamo “il nostro io” spesso non è altro che “ego”, cioè una parte immatura della nostra personalità che percepisce il tutto attraverso il suo piccolo sè. Ma questa, dell’ego, non è altro che una casa ereditata da altri, dove lentamente dobbiamo capire cosa tenere e cosa buttare.

Questa casa, però, che contiene comunque dei nuclei creativi ereditati dal passato, è comunque co-creatrice della nostra realtà, nel suo aspetto piacevole e spiacevole.

Tutte queste abitudini creatrici, che in maniera illusoria percepiamo e tratteniamo come nostre, vivono nel nostro presente e non sono state decise da noi.

Inoltre, non hanno una vera forza, anche se in un certo senso, vivono e creano.

La nostra forza, infatti, risiede nel presente, con i desideri presenti e con le condizioni e prospettive presenti. Soltanto dall’io del presente otteniamo la forza vitale e creiamo una realtà che riconosciamo come nostra.

Quasi sempre poi, attraverso i nostri pensieri e sentimenti, si manifestano apertamente proprio quegli aspetti che, nel cuore dei nostri padri, delle nostre madri (e delle persone che sono appartenute al nostro sistema familiare anche nelle generazioni passate), sono stati nascosti o “esclusi”.

Quindi, ancora di più è molto difficile esserne consapevoli, perché queste tendenze vengono acquisite inconsciamente o, meglio, attraverso il campo morfico e le percepiamo come nostre, ma, in realtà, sono soltanto copioni che risuonano.

In un certo senso, il nostro mondo interiore con tutte le sue voci, è stato sognato, immaginato e creato dai nostri antenati e, noi, lo assorbiamo come antenne in risonanza e lo ripetiamo come se fosse nostro.

Ma, appunto, queste tendenze non sono vive: sono ombre del passato con le quali siamo identificati e identificate.

Per scoprire quella forza vera, che ci porta sul piano vitale del presente, dobbiamo capire dove risiede il nostro punto di libertà e per farlo dobbiamo imparare a percepire dove siamo adesso, attraverso la messa in discussione di quella immagine di noi stessi e delle cose a cui tanto siamo attaccati e attaccate e che, in realtà, ci posiziona nel passato, dove non c’è alcuna forza vitale. Anzi, in un certo senso, spendiamo energia per continuare a protrarlo.

Dobbiamo però comprendere che, nella dimensione olistica, la consapevolezza non risiede nel rispondere con logica ai propri perchè, nè nell’affermazione dell’ego.

L’immagine di sè e della realtà viene dopo aver conosciuto come funziona l’ego e, poi, al di fuori di esso.

Questa consapevolezza e la capacità di individuarsi risiede nell’essere consapevoli della connessione e dell’interdipendenza con gli altri, con le diverse dimesioni spazio-temporali e con la divinità. Anzichè diventare grandi grandi, come la società dell’ego vuole, il lavoro interiore è un lavoro di riduzione dell’ego, con lo scopo di conoscere lo spazio vitale al di fuori di esso.

Mentre chi fa un percorso psicologico cammina verso sé, chi è nella fede cammina nel “tutto” e, quindi, chi fa un percorso spirituale, prima o poi necessariamente, “deve” incontrare la forza della divinità.

Chi non ha incontrato la divinità e percepisce la spiritualità da dentro il suo ego, è ancora sul piano psicologico e morale: vive ancora in uno stato di separazione, sul piano cioè della Giustizia e non dell’Amore (approfondiremo questo discorso).

Quello che sappiamo della divinità è che è la fonte, e non può essere influenzata dall’uomo, ma lei è l’artefice di ogni nostro stato.

Sapere questo significa accettare e benedire ogni stato interiore, gli alti e i bassi, che altro non sono che gli effetti della divinità che, come una forza, orbita intorno a noi e ci ci spinge da qualche parte. Aprirsi al processo senza controllarlo è fondamentale e si chiama: fede.

Quando l’energia della fonte incontra le nostre strutture preesistenti trattenute nei nostri campi morfici (per saperne di più leggi il mio libro: “La mia terapia olistica”, https://amzn.eu/d/2eVIpYY ), cioè quelle abitudini che provengono dagli avi (o anche dalle vite passate- ne parleremo poi…), crea un destino.

Questo destino può essere quello delle nostre singole abitudini interiori (le ombre), oppure può essere un destino vivo, in cui ci riconosciamo (la Luce). Le strade sono sempre e solo due.

Questi campi morfici mantengono tutte quelle voci che compaiono dentro di noi ciclicamente e che si manifestano come pensieri, credenze, abitudini, emozioni e fedeltà inconsapevoli.

Nella teoria delle Costellazioni Familiari, queste abitudini rientrano tutte nel concetto di: “irretimento”.

Questo irretimento è come un piccolo regno, dove il re ha il suo potere, il suo popolo, il suo esercito e i suoi beni.

Ma fuori dal suo regno, questo re perde ogni forza e scopre che esistono altri regni, con altri frutti e con altre regole.

L’unico punto dove la persona può incontrare il proprio spazio di libertà per uscire dal destino delle abitudini ed entrare nella forza del destino vivo, è nella relazione con gli altri, in particolare con il proprio sistema di appartenenza, sia quello fisico e tangibile, sia quello invisibile del campo di coscienza familiare.

Per uscire da questi deboli destini, innanzitutto bisogna riconoscerli e poi contattare il nostro “io presente”.

Quando non riusciamo a farlo, vuol dire che siamo identificati e attaccati al nostro copione e non riusciamo a togliergli forza.

Vi lascio, quindi, riflettere su queste parole e vi aspetto con le Costellazioni Familiari individuali sia online che di presenza, per accompagnarvi a riconoscere l’irretimento al fine di dare più spazio si desideri del nostro io del presente.

Un caro saluto da questa penna e da questo cuore, a presto, Monia Dell’Aquila.