Le opinioni e le leggi cosmiche
Cari lettori, lettrici e clienti,
continua il mio periodo di inserimento e di adattamento in Puglia.
Sto vivendo veramente ogni attimo con sapore, anche se comunque, ogni mattino, sul presto, lo dedico ai miei studi di Kabbalah, alla meditazione e alla preghiera.
Sto inaspettatamente sperimentando che, qui in Puglia, più persone del previsto, manifestano il desiderio di incontrare la loro fiamma interiore, di curarla e di farla brillare.
Anche gli incontri online procedeno discretamente e molti clienti di Bologna, che erano abituati alla presenza, si sono trovati benissimo in questa nuova modalità.
Nonostante questo periodo già di suo intenso, sento il bisogno, comunque, di aprire un ulteriore spazio anche con i “lontani” e, in questo momento, questo blog mi sembra il mezzo migliore per camminare insieme.
Non essendo io una filosofa né una storica, le citazioni e i riferimenti di questo blog, non riguardano l’obiettivo di pormi come una “intellettuale”, sia perché non mi reputo tale, sia perché il mio scopo non è conoscere dati o fare cultura.
Lascio volentieri questo compito a coloro che sono più capaci e titolati di me a divulgare sentimenti e, appunto, opinioni.
E, proprio per questo, oggi, voglio porvi il tema delle “opinioni” e delle “leggi” nella spiritualità e la mia posizione rispetto alle mode e alle tradizioni, nel tentativo di suscitare le vostre riflessioni.
Innanzitutto, mi preme scrivere che, rispetto alla spiritualità in generale, è osservabile che esistono vari tipi di atteggiamenti diffusi in ogni terra e cultura.
Nonostante ciò, seppure esista la possibilità, di leggere la spiritualità mondiale in una visione unica della sua forma, del suo significato, della sua radice, del suo scopo e della sua applicabilità, ancora non esiste la volontà di interpretare tutte le sue diverse forme come il tentativo unico dello spirito di stringere una relazione con tutte le comunità diverse. Ogni comunità che stringe una dialettica seria con la vita spirituale, si sente nel vero e nel diviso dalle altre e forse, in un certo senso, lo è. Ma ciò non toglie, che tutte, nel momento in cui si connettono alla dimensione spirituale, partono dalla stessa necessità.
Si potrebbe dire, dunque, che la spiritualità nasce in seno a ogni comunità e che, per manifestarsi, ha bisogno di una dialettica che le dia vita, ma che, prima di tutto, necessita, d’innanzi a lei, che questa comunità abbia il desiderio di conoscere quella realtà nascosta dietro le cose oggettive e non che ne abbia paura. Come in ogni relazione che si rispetti, senza il bisogno non si crea valore e, senza valore, non c’è scambio.
Poi, mentre nasce, ogni spiritualità incontra, nel dialogo e nella forma con la sua comunità, le caratteristiche antropologiche della comunità stessa e si manifesta in quel colore e in quel sapore, interpretandone e manifestandone il carattere.
Ma forse, ciò che è vero e umano è che, prima ancora, la spiritualità prende spazio, nasce e, letteralmente, “manca” alle persone che sono vessate, bersagliate, schiacciate dalla sorte e che, non potendosi riappropriare della loro vita con loro forze, provano a farlo cercando la strada che porta alla divinità.
Motivazione che di per sé è totalmente sufficiente e legittima per dare vita a una religione o a una fede e per unire, idealmente, tutte le diverse realtà esistenti.
Queste motivazioni comuni si distinguono, poi, nella forma della risposta che ognuno dà, sia come manifestazione di questa esigenza e sia nella forma dell’incontro con il divino o con la dottrina di riferimento.
Senza entrare troppo nell’antropologia, possiamo dire che abbiamo una spiritualità che, nella sua espressione pratica, a volte, è autogestita da liberi interpreti (dal religioso non praticante, alla maga che fa i rituali d’amore), una spiritualità convenzionale (le religioni riconosciute) e una spiritualità d’élite (il ramo esoterico delle religioni, per esempio: per la religione cattolica il movimento Rosacroce; le società iniziatiche di Massoneria Cristiana, la Cabala Cristiana; per la religione ebraica la Kabbalah classica e Lurianica, il Chassidismo; per I’Islam il Sufismo, etc…).
Quando le religione diventano troppo fredde, dogmatiche e non riescono più a soddisfare le esigenze della loro comunità, producono dei rami esoterici o “alternativi”. Questi ultimi, preferei definirli: “complementari”, come per la medicina. In questi casi, quello esoterico e quello “complementare”, le persone di quella comunità o di quel gruppo che stringono un rapporto con la vita spirituale, sentono l’esigenza di capire di più, di fare di più, di sperimentare i benefici delle pratiche senza intermediari, senza fede cieca negli ordini e nelle religioni, ma entrano in prima persona e con la loro ragione nel rapporto.
Infatti, questi rami esoterici, offrono al fedele la possibilità di occuparsi di spiritualità non più con una fede cieca e una totale delega agli organi e ai referenti istituzionalizzati (sacerdoti, rabbini, imam), ma inserendo un percorso anche fatto di responsabilità, di ragione, di comprensione, in cui la persona entra in un contatto diretto con la divinità e padroneggia il mistero della vita non sensibile in modo personale e sentito, attraverso tecniche, riti, pratiche di diverso tipo come la preghiera, il canto, la meditazione e l’orazione, ma soprattutto, attraverso la conoscenza e i discernimenti di cui la ragione necessita.
Di contro, nella fantasia comune, quando si parla di spiritualità la prima immagine che viene in mente è il vivere in modo buono, l’essere caritatevoli o collegati con la natura. Soprattutto il “non essere egoisti”, ma il più delle volte in una chiave non chiara che, quasi sempre, altro non è che il suggerimento di seguire le regole sociali scritte e non scritte, diventando un codice per la comunità più che un atto introspettivo e responsabilizzante. Insomma, per molti, il significato di “essere spirituali” vuole dire il “fare i bravi”, il mantenere la simbiosi con la comunità di appartenenza, il non individuarsi troppo, il seguire le regole morali.
In questa fantasia comune, domina un certo “igienismo morale”, che può diventare “igienismo alimentare” o “naturismo” e che, troppe volte, mette al centro del percorso stesso l’espiazione e la punizione come unica azione per liberarsi dal male e riconciliarsi con il bene. Tendenza che porta a una ostilità con l’essere “uomo”, nel senso biblico del termine e non di genere.
Oppure ci sono i superficiali, che pensano che la spiritualità sia l’atmosfera, le candele, la chiesa, le campane tibetane, gli incensi, i tarocchi…insomma, un mondo “alternativo”, sia nella sua versione ufficiale e “regolare”, che esotica o magica.
Questo mondo “spirituale” a cui si pensa genericamente, gode ancora di una certa libera interpretazione nel proporsi e nel disegnarsi, sia nella religione ufficiale che negli spazi creativi in generale, ma non dimentichiamo che ha due genitori importanti: “mamma filosofia”, con il suo scopo accudente di curare la comunità e “papà religione”, con le sue regole e le sue linee guida.
Oggi, questi due genitori, soprattutto nell’ “occidente evoluto” vengono entrambi liquidati come una radice ormai anacronistica della spiritualità stessa, un approccio inapplicabile: qualcosa che ha fatto male anziché bene.
La critica viene soprattutto dal mondo olistico o dalle religioni “buone” (come per esempio il buddhismo), poiché si sono sciolti come neve al sole, davanti al fuoco dominante della “scienza” (o della delusione religiosa e filosofica) questi “genitori” antichi che sembrano più degli spazi disconnessi dalla società che una colonna di supporto. Ovviamente, il mondo olistico ha abbracciato sia i delusi che i ribelli, diventando una specie di laboratorio dove, sinceramente, nemmeno tra di noi ci si capisce e ci si mette d’accordo, per quella libertà senza ordine che è poi diventata Far West.
Ma, tornando alla nostra dialettica tra spirito e comunità, sappiamo che le comunità, come ogni singola persona, sentono il bisogno di definirsi attraverso dei valori comuni dominanti del periodo che intercorrono, escludendo qua e là varie cose, come se fosse “l’esclusione” l’unico modo che si ha (o che si conosce) per conservare ciò che si è acquisito ed evitare il “pericolo” del nuovo che avanza: “le cose strane, insolite, gli spettacoli inusitati, le pratiche non abituali, i cibi sconosciuti, i nuovi modi di fare le cose, tutto questo è considerato manifestazione di forze occulte”.1
Questo giudizio comune, a volte, è una necessità, un anticorpo naturale, a volte, invece, è una soluzione facile, altre, è un’abitudine o un certo arcaico modo di risolvere le cose, a volte, la coperta è troppo corta e bisogna far cadere per forza qualcuno dalla torre, o meglio, dal divano su cui si è seduti in modo confortevole.
Il fatto a cui penso è, invece, che nel mondo spirituale, è proprio il divano che sceglie chi far cadere a terra e, tutto ciò, in modo totalmente inaspettato e spesso, manifestandosi anche in modo apparentemente ingiusto. Ma lo fa.
Quando le vecchie abitudini non sono più utili, in generale, qualcuno cade dalla torre. E, questo succede, anche per le religioni e per qualunque approccio spirituale e non che, a un certo punto, non funziona più.
Si dice che per essere “spirituali” non bisogna necessariamente conoscere le religioni e la filosofia ma, a differenza di quanto scrive Mircea Eliade nel suo libro: Trattato di storia delle religioni,2 mentre affronta il delicato tema delle fonti sulla ricerca sul sacro (“Siamo perciò in diritto di riconoscere uguale «validità» al documento che registra un’esperienza popolare e al documento che rispecchia l’esperienza di un’élite”) non riesco a pensare all’esperienza spirituale senza i testi e senza l’educazione dell’élite.
Che cosa significa “educazione dell’élite” in ambito spirituale?
Significa un percorso dove i saperi di riferimento, i principi teorici e le tecniche per entrare in contatto con la dimensione non fisica dell’esistenza, svelino il sacro contemplando e attenendosi, in un certo senso, alle sue “leggi”, al suo essere una specie di “Stato”, cioè un regno con la sua entità politica, giuridica ed economica. Ovvero, il sapere spirituale come oggettivo e non più come un’opinione discutibile, frutto, invece, di un utilizzo opportunistico volto ai desideri dell’ego di ottenere potere, riconoscimento, ricchezza e vantaggi di vario tipo, scimmiottando qua e là riti e preghiere.
La maggior parte di questi approcci cade anche nel ridicolo, attraverso quel “bambino magico” interiore che cerca in tutti i modi di “fare magia” o di rivolgersi alla divinità col cuore a volte innocente, a volte meschino e furbesco, o vittimistico, per poi dimenticarsene al primo regalino che la vita gli offre.
Le anime pronte ad accendere la fiamma (e a conservarla) senza bruciare gli altri, né farsi bruciare, sanno che le opinioni fanno parte di un approccio utilitaristico e poco serio e che, è oggettivo, che la dimensione spirituale ha delle leggi.
È oggettivo che esistono delle strutture che riguardano l’anima, il cosmo, la divinità e il rapporto tra loro. È oggettivo che la realtà fisica percepita con i sensi fisici è la manifestazione della relazione tra questi aspetti. E questo si può oggettivamente osservare.
Attribuire un’entità politica, giuridica ed economica alla spiritualità senza inglobarla in una religione e sottrarsi alla libertà dell’ “opinionismo”, vorrebbe dire che la spiritualità non potrebbe deresponsabilizzarsi dalla gestione del suo stesso potere, ma che dovrebbe esprimere i suoi valori profondi, considerando una “Legge” che si occupi del mantenimento del bene comune della comunità a cui risponde, sia che si tratti di beni materiali che spirituali, utilizzando un linguaggio comodo e una pratica attuale, in linea con i codici sociali del tempo corrente e della comunità stessa.
Alla luce di questa prospettiva, quello che ho incontrato nel tentativo di accendere, conservare e possedere la mia fiamma spirituale, è stato invece un mondo pieno di “opinioni” alternato a un mondo pieno di “dogmi” oramai scaduti e disfunzionali. In pochi sono nella linea temporale del presente.
Ho incontrato quelli che definisco “i pirati”, ovvero coloro che sviluppano una certa libertà in opposizione al potere delle religioni convenzionali, rimanendo pur sempre ai bordi (più come affascinanti portatori di anticonformismo che altro) che, giocherellando qua e là con la spiritualità, non ne possiedono mai veramente la sostanza ma si sentono nel diritto di avanzare, appunto, le loro: “opinioni”. Sono i delusi della religione, quelli che ancora hanno problemi con papà e con le regole, con la disciplina e con lo studio. Tra di loro ci sono tantissimi olistici di vario genere e tipo, maghi e maghe popolari, carismatici, liberi praticanti della domenica, etc…ma ho incontrato anche alcuni psicologi e psicoterapeuti che per motivi di vario tipo, pretendono di conciliare i due mondi con un risultato pessimo per se stessi (come professionisti) e per gli altri (come pazienti), volendo comunque continuare a mantenere il diritto e il privilegio del posto riconosciuto nell’ambito della sanità.
Ci sono, poi, i religiosi mansueti e obbedienti, che vivono nel rispetto delle regole e delle religioni convenzionali, affidando a terzi (i sacerdoti, i rabbini, gli imam, etc..) la loro relazione con la divinità. In questo caso, non raramente, si tratta di un moralismo travestito più che una reale “positività” e fede.
Poi, ci sono gli esoterici, che conoscono perfettamente la “legislazione” spirituale.
Di questi ce ne sono due tipi: quelli statici, nostalgici degli antichi lignaggi, degli ordini secolari, parcheggiati anche loro nel passato, chiusi nei riti e nelle formalità. Per loro esiste ancora un “atteggiamento” secolare da scimmiottare che quasi sempre coincide con i tratti del narcisismo e dell’istrionismo.
Alla fine, quello che mi preme e che desidero condividere con voi è la possibilità di capire ciò che realmente si può dire oggi della spiritualità e del suo dialogo con le comunità, oltre ogni approssimazione, pregiudizio e appartenenza.
Innanzitutto, oggi, la spiritualità è alla portata di tutti: non ci sono più segreti, ordini o misteri inaccessibili. Tutto è accessibile. Anche la Massoneria è online e le esegesi dei gesuiti sono sul web. Il Vaticano ha aperto la sua biblioteca a chi è interessato. Anche gli ebrei che erano rimasti gli unici a non voler divulgare, sono sempre più disposti ad aprire un dialogo.
Quindi, chi vuole veramente capire, studiare e fare, ne ha tutte le possibilità, ma il fatto è che, proprio perchè la maggior parte dei curiosi rimane soltanto una parte di curiosi, quando questa parte incontra le leggi della dimesione spirituale, che limitano, che disilludono e che attaccano con la loro presenza il suo bambino magico libero e ribelle, quella parte torna alla sua bella e innocente approssimazione, criticando e sminuendo la serietà di un approccio vissuto in modo serio e capace.
A limitare ancora di più il foro dell’imbuto delle anime che desiderano di accedere alla loro fiamma, è l’incapacità di fare psicosintesi, ovvero di studiare i testi sacri e i diversi approcci religiosi o esoterici, senza trarne una sintesi unica o senza cadere nel fanatismo.
Quindi, abbiamo quelli che si identificano in un approccio, senza poi distinguersi realmente da quell’ideologismo religioso che tanto criticano. Oppure, quelli che non sanno scegliere un metodo completo ed efficace e rimangono nella pratica senza disciplina, inventando un po’ qua e là, in base alle emozioni del momento.
Non tutte le anime possiedono questa attitudine ma, senza dubbio, le anime che conoscono le leggi e che possono stabilire un collegamento tra mondo spirituale e comunità, devono garantire una certa vitalità a quella dialettica tra spirito e comunità di cui scrivevo all’inizio, senza cadere nell’approssimazione, né nel formalismo sterile e goffo, ma portando quella dialettica in modo pratico, vero, serio e semplice.
Cari lettori e lettrici, sarebbe interessante per me sapere cosa ne pensate di questo tema e che rapporto avete con la spiritualità. Aspetto le vostre mail: le leggerò tutte!
Monia Dell’Aquila
1Edwin W.Smith citato da Eliade Mircea, Trattato di storia delle religioni, Seggiano di Pioltello (Mi), Bollati Boringhieri Editore, 2008, rist. 2023, p. 16.
2Eliade Mircea, Trattato di storia delle religioni, Seggiano di Pioltello (Mi), Bollati Boringhieri Editore, 2008, rist. 2023, p. 10.