Prima il cuore, poi la mente
Carissimi lettori,
non so voi, ma la vostra devota e allegra scompigliatrice inizia a provare una certa… stanchezza verso un genere di conversazione che, temo, si sia diffuso più rapidamente del colera nei salotti londinesi nel 1853.
Mi riferisco a quella schiera di individui che, con l’aria trionfante di chi custodisce la verità assoluta, dichiarano:
“Io vado dritto al punto.”
“Io sono una persona logica.”
“Io dico sempre la verità, anche se può far male.”
“Io ti dico la mia…”
E quanto non sopporto, cari miei, quella psicologia prêt-à-porter che si diffonde come un profumo a buon mercato, dove le analisi sull’altro e su se stessi scivolano dentro copioni già stirati, pronti all’uso, sempre uguali, con l’unico intento di separare, dividere, tagliare e incasellare ogni frammento di vita.
Irresistibile, poi, questo desiderio così contemporaneo, di possedere un cassetto perfetto per ogni situazione, che combaci con quella lettura della “realtà” che riteniamo vera, ma che è soltanto, poi, l’unica che conosciamo.
Ah, e come mi tira da dentro come un fascio di nervi sempre pronto a lottare, questa psicologia sulla bocca che pretende di spiegare se stessi e gli altri, ma dimentica ciò che più conta: il Divino che abita in ciascuno di noi e in mezzo a ogni esperienza, anche la più piccola.
E non vi nasconderò — ché la sincerità, almeno quella, mi pare ancora una virtù decente — che anch’io, quando desidero sbrigare in fretta la pratica di un legame stanco o insoddisfacente, non sempre elargisco visioni ispirate o parole pregne di grazia. Anzi, la vostra allegra scompigliatrice non ha perso, né vuole perdere, il suo salvifico fare contadino che la fa “surfare” leggerissima e senza rompi capo!!!
Poi, quando mi “ragguardo”, mi affido anch’io a quelle formule “beneducate” che tagliano corto, come un vestito di stagione: comode, ma senz’anima.
Ah, la verità…
quella tanto invocata e così poco sentita!
Eppure, in questo tempo in cui ho messo mano a più d’un’impresa — e sto attivando, come un’alchimista instancabile, forze invisibili che forse, se Dio lo vorrà, vedranno la luce tra non molto — le resistenze al cambiamento si presentano puntuali, una ad una, alla mia porta.
Come antichi gendarmi del destino, bussano nella notte per chiedere dazio a questa sconsiderata sognatrice.
Ma io le riconosco, ormai.
Sono le guardiane della soglia, le fedeli custodi dell’ordine che la mente protegge con tenacia da vera eroina.
Non sono nemiche, ma dee dimenticate: Atena con la sua spada di chiarezza, Metis con la sua astuzia sottile, Hermes che sorride tra il visibile e l’invisibile.
Sono la Mente nei suoi abiti solenni — quella che teme il caos perché conosce il potere della forma.
E forse è giusto così: perché ogni trasformazione ha bisogno di una mente che dubita, come il fuoco ha bisogno del ferro per forgiare la spada.
Ma poi ecco il cuore, con la sua vocina discreta ma inflessibile, rivolgersi a questi dèi e dee della ragione:
“Non si tratta forse, miei signori e signore, del bisogno sfrenato di incasellare la vita in pochi, semplici e logici pensieri, perché si pensa di avere meglio da fare?”
E mentre parla, anche le mura di marmo della mente tremano un poco, perché il cuore — silenzioso ma ostinato — sa che la verità più profonda non si piega ai cataloghi né ai copioni già scritti.
Forse, in realtà, non ha nemmeno parlato.
Il cuore è talmente forte che, quando la mente pretende la precedenza, sa, invece, attendere.
Salvo poi — e questo lo dico dall’abbondante esperienza — che ci si sveglia un mattino e la sua verità appare inequivocabile.
Allora scopriamo che tutte le azioni e i giri che abbiamo fatto, obbedendo ai diktat della mente che a vista di ragione ci ordinava cosa fare e cosa non fare… splash! Finiscono in un sentimento dimenticato, in un amore mai riconosciuto, in un sogno che avevamo accantonato.
E lì, in quell’inevitabile incontro tra cuore e vita, la mente impara finalmente la lezione più grande: non si può vivere senza ascoltare ciò che palpita dentro.
Perché, miei adorati lettori, questa scompigliatrice non desidera altro che una società — o almeno datemi un salotto! — dove a parlare non sia solo la mente affilata, ma anche il cuore presente.
Dove la chiarezza non derivi dal giudizio, ma dall’ascolto. Dove la giustizia più suprema ed elevata è la comprensione profonda, senza perdere il piacere di lottare, di avanzare, di tirarsi fuori e di rompere quelle abitudini e quelle regole che non funzionano più. E dove, anche, il piacere abbia il suo meritatissimo posto, senza sensi di colpa, fedeltà cieche e amori malriposti.
Questo bene e questo male giocano tra loro per confonderci, mentre noi ci affrettiamo a schierarci da una parte o dall’altra, perdendo così per sempre la rara occasione di osare e di mettere a fuoco ciò che davvero desideriamo creare.
E ditemi, miei adorati lettori…
è davvero sentimentalismo desiderare di manifestare qualcosa che la ragione non sa prevedere?
O forse è solo il capriccio di un’anima egoista — come la mia — che non si accontenta più delle verità logiche, e pretende di sentire la vita oltre ogni misura, oltre ogni spiegazione?
Perché — lasciate che ve lo sveli — la scompigliatrice comincia a sospettare che le nostre vite perfettamente calcolate non siano altro che un’elegante forma di prigionia, e che la vera libertà cominci quando la mente si inchina, finalmente, all’intelligenza più antica di tutte: quella del cuore, che lasciatemelo dire, è imprevedibile.
E proprio in questa deliziosa Puglia, dove sono accorsa tremebonda per ricoccolarmi dentro un tempo vuoto, lento (e che nessuno sembra voler catturare) posso effettivamente continuare a interpellare la Divinità e tutti gli spiriti buoni e cattivi dell’universo, al fine di obbligarli ad ascoltare le mie insistenti e “inzittibili” richieste.
E loro, che pure fingono di ignorarmi, ogni tanto mi rispondono. E, a me, basta sentirli solo un attimo, in quel sussurro impercettibile, in mezzo a tutta la caciara della tanto lodata “realtà” dei perspicaci e degli intelligenti, per abbandonare per sempre quelle inutili idee geniali e prospettive ciniche, di cui sinceramente, non ne sopporto nemmeno di più l’odore.
Così, mentre il mondo continua a correre in nome della ragione, io — l’allegra scompigliatrice rinata nel corpo di una donna del Sud — sbaglio, inciampo, mi lamento, piango e soffro mentre invoco gli dei, senza ragione né logica, che a vincere sia sempre il cuore.
E in quel dialogo segreto tra ragione e follia, tra calcolo e visione, prende vita l’opera alchemica più grande: la nascita di un nuovo sé.
Foto di Marek Piwnicki: https://www.pexels.com/it-it/foto/astratto-nero-design-fiamma-8387398/